Una costellazione di imprese artigiane

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In ritardo la ripresa per il manifatturiero pugliese

Bari, 07/05/2015Il manifatturiero pugliese cede ancora terreno, ma quantomeno la caduta sembra rallentare. Nell’ultimo trimestre (gennaio-marzo 2015), in Puglia, si sono «perse» 277 attività manifatturiere, pari ad una flessione dell’1,6 per cento. Ce n’erano 17.109. Oggi sono 16.832. Rappresentano il 23,4 per cento della totalità delle imprese artigiane della Puglia (71.867).

E’ quanto emerge dalla quarta indagine congiunturale, condotta dal Centro Studi di Confartigianato Imprese Puglia su dati Unioncamere-Infocamere.

 

Si sono perse 55 fabbriche di prodotti in metallo, pari ad un tasso negativo del l’1,8 per cento (da 2.992 a 2.937). Racchiude, prevalentemente, le unità che operano nella produzione di elementi da costruzione affiancate da lavorazioni di trattamento e rivestimento del metallo; poco significativa la metallurgia.

 

In flessione anche l’industria del legno: da 1.727 a 1.684 imprese, cioè 43 unità in meno, pari al 2,5 per cento. Il settore comprende imprese che svolgono attività molto diverse tra loro: si tratta, in prevalenza, di produzioni di infissi o altri manufatti di falegnameria destinati all’edilizia a cui si affiancano altre lavorazioni che vanno dal taglio e la piallatura del legno, alla produzione di semilavorati sino alla fabbricazione di imballaggi.

 

Le imprese che si occupano di «confezioni di articoli di abbigliamento» sono 1.757, mentre prima erano 1.799; il saldo negativo è di 42 unità, pari al 2,3 per cento.

Stesso calo percentuale per le fabbriche di articoli in pelle (da 302 a 295). La variazione percentuale maggiore, però, si registra nel settore delle fabbriche di apparecchiature elettriche: meno 3,3 (da 183 a 177)

 

Le fabbriche di mobili sono diminuite del 3 per cento (da 640 a 621). Il saldo è negativo di 19 unità. In questo comparto sono comprese numerose attività che rappresentano quasi tutte le tipologie di mobili (soggiorno, letto, cucina, ufficio, materassi, eccetera), con una prevalenza per le poltrone e i divani.

 

L’industria tessile ha «perso» 13 imprese, con un tasso negativo del 2,6 per cento (da 499 a 486). Le fabbriche di «altri prodotti della lavorazione di minerali» sono diminuite del 2,3 per cento: da 1.107 a 1.081. Ce ne sono 26 in meno.

 

Le altre industrie manifatturiere si sono contratte, in media, dell’1,7 per cento (da 1.789 a 1.758). Questo settore è residuale rispetto ai precedenti e, di conseguenza, è molto variegato: le produzioni più significative sono quelle della lavorazione di minerali non metalliferi (vetro, ceramica, pietre) e della carto-tecnica (stampa e lavorazione della carta e del cartone). Da segnalare anche quelle della produzione di attrezzature mediche e dentistiche, delle lavorazioni di gioielleria e oreficeria, dell’installazione, manutenzione e riparazione di macchinari industriali.

Nel complesso, gli indicatori congiunturali più rappresentativi dell’artigianato (produzione, ordinativi e fatturato) evidenziano segni negativi, con un netto peggioramento negli ultimi trimestri.

Le difficoltà di mercato hanno indotto numerose imprese ad avviare processi di trasformazione orientati verso produzioni a valore aggiunto maggiore. Negli altri casi, invece, si assiste ad una riduzione dell’attività produttiva in termini di volume della produzione e addetti impiegati.

 

«Il monitoraggio effettuato dal nostro Centro Studi – commenta Francesco Sgherza, presidente di Confartigianato Imprese Puglia – evidenzia come la caduta del manifatturiero stia rallentando, anche se molto lentamente.

Le imprese pugliesi patiscono l’onda lunga della crisi e non riescono a cogliere al balzo i segnali di ripresa che da inizio anno si stanno registrando nel resto dell’area euro. I settori in maggiore difficoltà si confermano quelli che, direttamente o indirettamente, soffrono della situazione del comparto edile. Per tutte quelle attività che non possono contare su una forte propensione all’export, invece, pesa particolarmente la perdurante stagnazione della domanda interna.

Infine – continua il presidente – preoccupa il calo del settore alimentare, fino ad oggi quasi sempre una felice eccezione nelle classifiche regionali.

Eppure il contesto economico è positivo e, grazie ad un insieme di fattori, fra cui sicuramente la più aggressiva politica della BCE, questa primavera potrebbe essere la stagione giusta per l’inversione di tendenza.

È necessario – conclude Sgherza – mettere le imprese manifatturiere, da sempre spina dorsale dell’economia locale, nelle condizioni di approfittare fino in fondo di questi segnali di miglioramento a livello europeo».



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