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Bond ai minimi ed eccesso di liquiditá mondiale

“L'inedita situazione dei titoli a rendimento negativo, un 'club' in cui adesso è entrata anche l'Italia, rispecchia un momento particolare a livello mondiale” spiega Fabrizio Saccomanni in un'intervista rilasciata ad Eugenio Occorsio, per il quotidiano La Repubblica. Saccomanni, direttore generale di Bankitalia dal 2006 al 2013, ex ministro del Tesoro nel governo di Enrico Letta fino al 2014 e, oggi, docente di Economia alla Luiss, chiarisce il punto:” Si è diffuso quello che tecnicamente si chiama 'rischio di controparte': pensiamo ai grandi investitori, ai fondi pensione, alle compagnie di assicurazione globali, anche alle banche. Bene: dove dovrebbero investire, con la Cina che rallenta, gli altri Brics che rappresentano un'incognita, una larga parte dei Paesi emergenti in difficoltà? Il rendimento è solo una parte della valutazione, c'è anche la sicurezza. E questa la garantisce un ristretto numero di Paesi, fra cui l'Italia”. L'economista spiega che il prezzo di un titolo lo fa la domanda, “magari di chi presuppone che con il capital gain, rivedendo il titolo al momento giusto sul mercato secondario, si rifarà dei mancati interessi, e così avviene anche per l'Italia” ha aggiunto Saccomanni. Occorsio fa notare che, prima di questo, ci sono stati diciotto miliardi in tre anni per il bilancio pubblico, altro che spending review.“Bisognerebbe che questa situazione durasse tre anni” commenta Saccomanni. “La riduzione dei tassi realizzata finora ha comunque generato risparmi che consentiranno di accrescere la spesa o ridurre le tasse, sostenendo la ripresa”.

Ma, chiede il giornalista di Repubblica, il professor Saccomanni come spiegherebbe ai suoi studenti della Luiss il motivo per cui si decide di investire in un titolo che, anziché dare interessi, costa pure qualcosa? Saccomanni spiega che, realisticamente, non è una situazione destinata a durare. In tutto il mondo si assiste ad un eccesso di liquidità, al quale contribuisce anche il Quantitative easing della Banca centrale europea; allo stesso tempo, esiste una forte avversione al rischio, legata ad una serie di incertezze alle quali contribuisce anche la Federal Reserve americana, con il suo continuo rimandare l'aumento dei tassi. Un aumento, tra l'altro, che avrà ripercussioni pesanti per i Paesi emergenti indebitati in dollari. Dunque siamo in attesa di questa fase e, nel frattempo, si vive in un periodo di stasi, di sospensione. L'insieme di questi fattori fa sì che i soldi degli investitori corrano dritti verso gli Stati ritenuti più sicuri. Ci si chiede, a questo punto, perché questa liquidità non venga reinvestita in attività produttive. “Per quanto riguarda l'Italia” fa notare Saccomanni “com'è emerso nella recente Giornata del risparmio, c'è una lenta ma graduale ripresa degli investimenti e delle erogazioni bancarie, dai mutui casa fino ai finanziamenti industriali. Del resto, se ormai è acclarato che si va verso l'1% di crescita, vuol dire che incontrovertibilmente la ripresa si è avviata. La tendenza delle banche a fare prestiti col contagocce si è invertita. Certo, si potrebbe fare di più, combinando investimenti pubblici e privati”. Naturalmente è anche giusto non incappare nei “lower bound”, in definitiva in tassi troppo negativi. Questione piuttosto complicata, spiega Saccomanni, visto che non è facile definire il limite di tassi eccessivamente negativi. Però, a questi livelli di tassi, certamente conviene investire in Europa: “Ma la Germania” afferma Saccomanni “il Paese guida che potrebbe permetterselo, è riluttante a investire in opere pubbliche perché dice che così lascia alle generazioni future un debito pesante. Solo che così lascia infrastrutture fatiscenti e investimenti mancati”. Secondo l'economista Wolfgang Munchau, sul Quantitative easing l'unica a guadagnarci è proprio l'Italia; riguardo a tale affermazione, Saccomanni precisa che con un euro più basso e un aumento della liquidità sui mercati, i benefici arrivano a tutti i Paesi dell'Eurozona. E' vero, conferma Saccomanni, “che l'Italia ha un debito alto, ma solo in termini proporzionali. La Germania ha lo stesso debito nostro, solo che essendo il Pil maggiore il rapporto è minore”.

La questione dei titoli di Stato europei ai minimi non va comunque sottovalutata. Roberto Petrini, su La Repubblica, l'ha definita un vero terremoto considerando che, dopo il sotto zero di Bot e Ctz, anche i rendimenti dei Btp quinquennali sono letteralmente precipitati a quota 0,53 e, quelli decennali, si sono ridotti ad un tasso dell'1,48%. Si parla di uno spread, la differenza con i Bund decennali, ormai ridotto ai minimi termini, collocandosi infatti a quota 95. Senza dubbio ottime notizie per il nostro Paese, visto che si prospettano risparmi per le casse dello Stato ma, d'altro canto, sorgono problemi per i risparmiatori che si vedono ridurre, giorno dopo giorno, le cedole. Un decreto del Tesoro fa tuttavia da “scudo” a possibili perdite per chi investe in Bot, scrive Petrini, e, al momento del rimborso, saranno gli istituti di credito a dovervi far fronte riducendo le commissioni.

Come si è visto, il fenomeno dei tassi sotto zero ha investito tutta l'Europa. Un rapporto diffuso da Bloomberg analizza l'attuale situazione mostrando come, compresa l'Italia, siano dieci i Paesi dell'Eurozona che offrono titoli di Stato con interessi “negativi”, ossia Germania, Francia, Olanda, Belgio, Austria, Spagna, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo e, appunto, Italia: nel complesso, il valore di questi titoli ammonta a 1.570 miliardi di dollari. Anche tre Paesi europei che non aderiscono alla moneta unica - Svizzera, Svezia e Danimarca - hanno un tasso di sconto negativo. L'enorme ammontare di liquidità presente in Europa, dovuta al Qe della Bce (che sarà rinnovato a dicembre), nonché il tasso sui depositi di Francoforte che offre addirittura il -0,2%, sono all'origine di questo fenomeno dei tassi sottozero.

Succede così che le banche scelgano il “meno peggio” tra Bce e titolo di Stato, rinunciando a finanziare le imprese e, di conseguenza, stritolando la ripresa. I possibili rischi di questa situazione? Non pochi, a cominciare da una possibile bolla immobiliare fino alla sottoscrizione di obbligazioni in euro a basso costo da parte di investitori extra-europei che si troverebbero in difficoltà a fronte di un eventuale, e futuro, rialzo dei tassi.

Certo, questa è una manna per il nostro Paese: l'entrata nel “club”, come lo definisce Saccomanni, dei Paesi con titoli a rendimento negativo, fa sì che, già da quest'anno, il taglio della spesa per interessi sia pari a 1,2 miliardi mentre, per il prossimo cruciale anno della Stabilità, il 2016, il risparmio potrebbe toccare i 6,6 miliardi e arrivare a 10 miliardi nel 2017. Queste le cifre fornite da un focus stilato da Antonio Forte, per il Cer, che simula l'impatto sui nostri conti pubblici della complessiva riduzione dei tassi. In discesa i Bot a sei mesi, i Ctz e i Btp a 5 anni che hanno registrato il minimo record dello 0,53%; i Cct a 7 anni sono scesi a quota 0,59 e i Btp a 10 anni all'1,48%.

Il focus del Cer riduce la spesa del Governo, già inserita nella nota di aggiornamento al Def delle scorse settimane e che prevede un costo degli interessi sul debito pari a 71,3 miliardi, portandola molto più in basso, a quota 64,7, dunque con un risparmio di ben 6,6 miliardi. Una cifra, davvero consistente, che considera come ormai il 17% dei titoli di Stato (la somma di Bot, Ctz e Cct in base ai dati di settembre) rapportata ai titoli in circolazione non ha più impatto per le casse statali, essendo entrata nel campo degli interessi negativi o zero. Le analisi di Forte, che considera per il 2016 un tasso medio del Btp all'1,4% e medio sui Bot allo 0,05%, vengono pienamente confermate dalla proiezione dell'andamento dei tassi in Europa, con l'annuncio di un 'Qe2' a dicembre. L'effetto positivo anche per i prossimi anni, scrive Petrini, è sostenuto dal fatto che vengono a scadenza vecchi Btp a 5-10-15 anni che saranno sostituiti da nuovi titoli con cedole molto basse. Un decreto governativo dello scorso gennaio cerca di proteggere i detentori di Bot, costretti ad orientarsi altrove da cedole estremamente basse e dalle mini patrimoniali sui titoli, evitando loro sia conseguenze negative a causa dei tassi sottozero che perdite sulla somma investita. Il decreto, infatti, stabilisce che eventuali vendite sopra la pari, cioè oltre quota 100, debbano essere “sterilizzate” dalle banche, obbligate a ridurre le commissioni, sino a riportare il costo per l'investitore a quota 100. Il risultato è che un investimento in Bot non frutta nulla, ma non fa neanche perdere nulla. Ed è molto probabile che questo “scudo” ideato per i Bot possa venire esteso anche ai Ctz e ai Cct legati all'Euribor (anch'esso negativo).

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