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Nuovi standard globali nello scambio automatico di informazioni per la lotta all'evasione fiscale

In questi giorni si è compiuto un altro importante passo in avanti nella lotta all'evasione fiscale: durante una riunione dei ministri delle Finanze dei 28 Paesi Ue, tenutasi in Lussemburgo, si è deciso di impiegare nuovi standard globali nello scambio automatico di informazioni. Un settore da sempre ritenuto molto delicato e fonte di contenziosi tra Stati.

Beda Romano su Il Sole 24 ore chiarisce che la decisione arriva dopo che già all'inizio di quest'anno c'erano state aperture da parte di Austria e Lussemburgo che, dopo anni di dubbi e titubanze, avevano alla fine deciso di aderire alla direttiva Risparmio.

L'accordo raggiunto dai Ventotto prevede l'estensione dello scambio automatico di informazioni a tutte le forme di reddito, e quindi non più solo agli interessi, ma anche ai dividendi, i guadagni di capitale, i saldi di conto corrente e così via.

Già negli anni scorsi, tramite un accordo stipulato a livello internazionale, erano stati individuati degli standard globali per questo ambito: l'Unione europea, con una scelta compiuta da tutti e Ventotto gli Stati, ha deciso di allinearsi a questo accordo, anche in considerazione di un nuovo, mutato atteggiamento nei confronti dell'evasione fiscale, in un clima più severo e meno lassista rispetto al passato.

Pier Carlo Padoan, ministro dell'Economia italiano e presidente di turno dell'Ecofin, nell'annunciare l'avvenuto accordo ha voluto far sapere che considera l'intesa un “progresso sostanzioso” e “una riforma strutturale che cambierà il comportamento dei contribuenti nei confronti delle autorità fiscali”. L'accordo raggiunto in Lussemburgo ha come modello di riferimento il Facta statunitense ( Foreign Account Tax Compliance Act) e Padoan ha tenuto a precisare che, con questa decisione, in Europa non esisterà più il segreto bancario in campo fiscale. Dunque, una svolta decisiva.

E' previsto che le norme entrino in vigore nel 2017 in tutti i Paesi dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, così come tra i Ventotto dell'Ue.

I due Paesi che più di tutti hanno provato a difendere il diritto al segreto bancario sono stati Lussemburgo ed Austria i quali, in queste ultime settimane, hanno cercato di prendere più tempo per tentare di ostacolare l'accordo. Alla fine, si sono dovuti arrendere all'evidenza e all'insistenza degli altri Stati; il ministro delle Finanze lussemburghese, Pierre Gramegna, ha deciso di adeguarsi all'intesa, seguito dal ministro delle Finanze austriaco, Hans-Jorg Schelling, ormai obbligato a dare il proprio beneplacito, riuscendo però ad ottenere un anno in più. Ai giornalisti Schelling ha spiegato che la proroga è stata concessa poiché “in Austria non esiste connessione informatica tra il settore bancario e l'amministrazione fiscale. Dobbiamo creare un nuovo sistema dal nulla”.

La fine del segreto bancario si può ritenere davvero un passo storico per questi due Paesi ( considerando che il Lussemburgo possiede depositi bancari pari a 10 volte il prodotto nazionale). All'inizio del 2014, Austria e Lussemburgo avevano già compiuto un passo sofferto, cioè l'adesione all'accordo per lo scambio di informazioni automatico nel settore degli interessi bancari. L'impressione era che non avrebbero concesso di più.

Ma così non è stato: le pressioni di questi mesi si erano fatte ormai troppo serrate e i due Paesi non hanno potuto far altro che accettare l'intesa odierna.

I Paesi Ue non avrebbero accettato altri ritardi, anche alla luce della crisi economica che continua a farsi sentire e dopo la pubblicazione di clamorose informazioni su dati bancari riservatissimi. Era dunque tempo di annullare il segreto bancario e di impegnarsi maggiormente nella lotta all'evasione.

Romano ipotizza che anche la grave crisi di Cipro, nata dal peso del settore creditizio nell'economia nazionale, possa aver spinto il Lussemburgo a rivedere le proprie posizioni.

Nel mirino dell'Ue, scrive Marco Bellinazzo su Il Sole 24 Ore, ci sono anche i paradisi fiscali e la sfida ai maggiori centri offshore.

Ancora una volta, l'urgenza è data dalla recessione: tutti i Paesi Ue devono fare i conti con un impoverimento della base imponibile nazionale, fortemente intaccata dall'acuirsi della crisi economica e finanziaria.

Come si vede, la lotta all'evasione fiscale internazionale si muove su due versanti. Da un lato, si individuano i contribuenti disonesti tramite un network globale di autorità fiscali interconnesse, che possono così scambiare in modo sistematico dati “sensibili” relativi all'esportazione illecita di capitali; dall'altro lato, si prova a mantenere sotto controllo il settore delle grandi multinazionali, tramite i programmi Beps (Base erosion and profit shifting), con l'obiettivo di bloccare la fuga delle sedi fiscali delle grandi corporation nei paradisi offshore e di stanare le loro numerose pratiche elusive.

L'accordo raggiunto in Lussemburgo, che partirà appunto nel 2017, prevede che l'Ue si adegui agli standard Ocse in tema di trasparenza fiscale, allargando l'ambito di applicazione soggettivo e oggettivo dello scambio multilaterale automatico a interessi, dividendi ed altri redditi di natura finanziaria.

L'Ue si avvalerà della piattaforma Ocse in fase di approvazione finale nell'ambito del prossimo Geo che si terrà a Brisbane ( Australia) il prossimo novembre.

 

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