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L’accordo di partenariato tra Italia e Unione Europea per l’utilizzo dei fondi sino al 2020

Nando Santonastaso, su Il Mattino, scrive dell'avvenuto accordo tra Italia e Commissione di Bruxelles sulla proposta avanzata dal nostro governo riguardo l'utilizzo dei 43 miliardi di fondi europei per la programmazione 2014-2020, il cosiddetto Accordo di partenariato. Rimane invece ancora aperta la questione dei Programmi operativi regionali ( Por) di Campania, Sicilia e Calabria, nei cui confronti il governo aveva deciso di procedere con un taglio della quota di co-finanziamento nazionale dal 50 al 25% per i prossimi sette anni. Quello vissuto dalle nostre tre regioni è un caso alquanto unico in Europa, riscontrato solo in una regione della Svezia.

Giuseppe Chiellino, su Il Sole 24 Ore, afferma che alla base della decisione del governo (resa nota lo scorso agosto dal sottosegretario Delrio) di disporre un taglio della quota di co-finanziamento vi è l'obiettivo di svincolare la spesa dei fondi europei dai limiti imposti dal Patto di stabilità interno che, bloccando il cofinanziamento, impedisce anche di spendere le risorse europee.

Inizialmente, il governo aveva deciso di tagliare la quota nazionale di fondi anche per Puglia e Basilicata che però, col tempo, si sono mostrate estremamente diligenti nella capacità di spesa. Non solo: quando Puglia e Basilicata hanno compreso le intenzioni del governo, ed il rischio di poter perdere i fondi, si sono rapidamente date da fare, precipitandosi a completare i programmi operativi, consegnandoli a Bruxelles. In questo modo, sono riuscite entrambe a bloccare la propria quota di cofinanziamento al 50%, senza alcuna resistenza da parte del governo.

Intanto però, proprio questi giorni, la Commissione Ue si appresta ad ufficializzare il taglio del co-finanziamento deciso dal nostro paese per Sicilia, Campania e Calabria: ciò significa che le tre regioni in questione rischiano di lasciarsi sfuggire all'incirca otto miliardi di Fondi europei (3,4 per la Sicilia, 3,15 per la Campania ed 1,5 miliardi per la Calabria).

Qualche giorno fa si è tenuta la presentazione del Rapporto Svimez 2014 a cui era presente il sottosegretario Delrio, il quale ha tenuto a sottolineare come quelle risorse rimarranno comunque nella disponibilità delle regioni interessate e che si potrebbe decidere di convogliarle verso il Fondo sviluppo e coesione, secondo un piano già previsto dall'ex ministro Fabrizio Barca. Il nodo, però, è rappresentato dal fatto che il Fondo in questione, per essere operativo, avrebbe bisogno della garanzia di un'apposita norma. Di questa norma, al momento, non vi è alcuna traccia, ci sono solo le parole di Delrio, e questo spiega la forte preoccupazione che si sta diffondendo tra i governatori e le istituzioni di Sicilia, Campania e Calabria, che temono di perdere fondi piuttosto ingenti.

Santonastaso sottolinea che i programmi finanziati dal Fondo per le aree rurali sono stati risparmiati dai tagli, anche se forse questo può rappresentare una magra consolazione poiché, dei quattro strumenti operativi dei Fondi strutturali, il Fondo per le aree rurali non era sicuramente il più rappresentativo.

Ma la giunta Caldoro, in Campania, non ci sta e fa sapere che il loro programma è stato notificato al Dipartimento per le Politiche di Sviluppo nei termini previsti, entro il 22 luglio 2014, e che, per quanto concerne la spesa relativa alla programmazione in corso 2007-2013, “la Regione sta confermando il trend positivo di spesa e certificazione. Grazie anche alle misure di accelerazione della spesa sono stati raggiunti tutti i target nazionali e comunitari”.

Di sicuro, scrive Santonastaso, la nuova assegnazione di fondi europei presenta delle importanti novità rispetto al passato: per evitare gli errori degli scorsi anni, l'Ue ha chiesto ai Paesi membri di rispettare poche ma chiare e concrete linee progettuali, privilegiando gli asset strategici per evitare di frammentare la spesa, causa di numerosi sprechi e ritardi, ben noti a Bruxelles.

Chiellino riporta un'altra importante novità prevista dall'Accordo appena firmato: riguarda l'aumento delle risorse per lo sviluppo della banda larga (Obiettivo Tematico 2, in gergo OT2). La Dg Connect, che fa capo a Neelie Kroes, ha chiesto che fossero ripristinati, se non aumentati, i fondi per la banda larga e ultralarga per rimanere in linea con gli obiettivi posti da Europa 2020 ( con il 50% del territorio europeo coperto dalla banda larga e ultralarga). Gli uffici della Kroes sono così riusciti, nella versione dell'Accordo firmata a settembre dall'Italia, ad aumentare le risorse arrivando ad un totale di 2,1 miliardi.

Altra novità prevista dall'Accordo è che il nostro governo si impegni con Bruxelles a convogliare più risorse verso le pubbliche amministrazioni, sostenendo maggiormente la loro capacità progettuale e destinando più investimenti nello sviluppo di ricerca e innovazione.

Delrio è molto soddisfatto per la firma dell'Accordo di partenariato che, egli afferma, “punta al rafforzamento del nostro Paese nell'ottica di una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva e contribuirà a riportare in equilibrio le aree svantaggiate”. L'obiettivo del governo è quello di utilizzare gli oltre 20 miliardi di co-finanziamento nazionale, più i 7 miliardi previsti per rafforzare la programmazione nazionale e regionale nelle aree meno sviluppate, per superare l'enorme divario tra le varie regioni del nostro Paese, puntando a creare programmi che non siano vincolati ai severi target temporali dell'Unione europea.

In più, per evitare aiuti diretti “non focalizzati”, e conseguenti sprechi, l'Accordo prevede che gli aiuti generici dovranno essere resi operativi attraverso strumenti di ingegneria finanziaria.

Anche l'ormai ex commissario Ue alla Politica regionale, Johannes Hahn (sostituito lo scorso 1° novembre dalla romena Corina Cretu), ha affermato che il piano di investimenti previsto per l'Italia può essere considerato essenziale e strategico, dando al nostro Paese la possibilità di investire su crescita e occupazione per i prossimi dieci anni.

Certo, il fatto che l'Italia sia stata tra gli ultimi Paesi ad ottenere il via libera di Bruxelles all'Accordo, superata solo dall'Irlanda, la dice lunga sulla complessità delle trattative tra Roma e la Commissione e questo, forse, comporterà anche un ritardo nell'avvio della programmazione.

Una prima parte di programmi destinati all'Italia, una decina circa, saranno probabilmente inseriti nella prima parte dei programmi europei, una sessantina, che dovrebbero essere varati verso la fine dell'anno per poter essere resi operativi all'inizio del 2015.

 

 

 

 

Fonte:    Nando Santonastaso. Il Mattino

 

              Giuseppe Chiellino. Il Sole 24 Ore

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