Una costellazione di imprese artigiane

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La rivoluzione del nuovo regime forfettario riservato alle mini-imprese

Su Il Sole 24 Ore Cristiano Dell'Oste, Marco Mobili e Giovanni Parente si sono occupati di quella che viene definita una vera e propria rivoluzione che riguarda il nuovo regime forfettario riservato alle mini-imprese, con il Governo pronto ad attuare la delega sulla riforma dei regimi fiscali. Le novità riguardano un'aliquota unica al 15%, soglie di ricavi massimi differenziate per le diverse categorie di attività, in una fascia che va da 25mila a 55mila euro, e coefficienti di redditività graduati differentemente per ogni categoria. Sono questi i caposaldi della riforma dedicata alle piccole imprese, con il proposito di eliminare i vari regimi semplificati attualmente in vigore, a partire da quello dei minimi che pagano l'aliquota del 5%.

La riforma prevede tre regimi fiscali. Vi saranno un regime forfettario per i piccoli imprenditori fino ad un massimo di 55mila euro di ricavi, un regime ordinario ed un regime semplificato basato su un principio mai visto prima nel nostro sistema fiscale, cioè il pagamento delle imposte solo sui corrispettivi effettivamente incassati.

Stando ai dati derivanti dalle dichiarazioni dei redditi dello scorso anno, in Italia hanno aderito al regime dei minimi 442mila contribuenti. Questi sono però dati Unico risalenti al 2013, con riferimento all'anno d'imposta 2012: negli ultimi due anni sono stati davvero numerosi i giovani che hanno deciso di aprire una partita Iva, entrando da subito tra i minimi. Dunque, analizzando i dati dell'Osservatorio sulle partite Iva, si ipotizza che entro la fine del 2014 sarà di 700mila la quota di contribuenti abbonati all'aliquota del 5%. Per la maggior parte si tratta di giovani alla prima attività, professionisti, autonomi ed ex dipendenti rimasti senza lavoro che decidono di reinventarsi in altre attività. Al momento è difficile calcolare quanti di questi siano usciti dal regime dei minimi nel 2013 e nel 2014 ma tutto fa propendere per cifre molto basse dato che la permanenza dev'essere di minimo 5 anni; in più, la crisi economica non ha offerto molte possibilità di creare nuovi giri d'affari e attività.

Questo regime è riservato solo ai contribuenti che guadagnano fino a 30mila euro l'anno, che hanno fatto investimenti per meno di 15mila euro e che, nei tre anni precedenti, non hanno svolto altre attività d'impresa con partita Iva.

L'introduzione delle soglie di reddito variabili condizionerà molto il numero di contribuenti che potranno entrare nel nuovo regime con l'aliquota al 15%. Secondo il principio alla base della delega, la soglia dei ricavi sarà parametrata all'attività svolta, in base alla codificazione Ateco: in questo modo non si avrà più una soglia fissa valida ugualmente per tutti i contribuenti, ed i limiti di ricavi dovranno considerare specifici coefficienti di redditività. Una volta considerati i specifici coefficienti di redditività, il contribuente del nuovo regime agevolato dovrà applicare l'imposta sostitutiva del 15%. La novità che balza subito agli occhi, è l'aumento dell'aliquota che l'avvicina così ai “vecchi minimi” del 20%, rimasti in vigore fino al 2011 quando l'allora ministro Giulio Tremonti introdusse l'aliquota minima del 5% assieme ad una serie di regole d'accesso molto più rigide. Attualmente il regime dei minimi garantisce anche altri vantaggi che saranno assicurati e ampliati per i nuovi futuri “forfettizzati”, in modo da rendere più appetibile l'aumento del prelievo dal 5 al 15%.

Come accade anche per i minimi, con l'adesione al nuovo regime si potrà evitare di pagare Irap e Iva, scansando così scritture contabili, fatture, acquisti e corrispettivi.

Se il Governo ed il Parlamento saranno rapidi nell'esame e nell'emanazione del decreto delegato, la nuova aliquota potrebbe entrare in vigore già dal 1 gennaio 2015.

Anche se, tra legge di stabilità e sessione di bilancio, i tempi sono piuttosto stretti.

L'altra grande novità, fortemente voluta dal Presidente del consiglio Matteo Renzi, è rappresentata dall'Imposta sul reddito imprenditoriale (Iri): l'introduzione di questa imposta permetterà anche ad un artigiano, o ad un commerciante che ha una ditta individuale o una società di persone, di pagare le imposte separando il proprio reddito personale da quello dell'azienda, un po' come accade oggi agli azionisti di una Spa.

Per quanto riguarda il reddito dell'impresa non distribuito ai soci (ed anche quelli prodotti in forma associata), il contribuente dovrà pagare un'aliquota proporzionale in linea con quella dell'Ires, pari cioè al 27,5%. Invece, per le somme prodotte dall'azienda e prelevate dall'imprenditore, è previsto che vengano riversate nel suo reddito complessivo personale assieme a redditi di diversa origine ( come ad esempio, una pensione) e che vengano tassate con l'Irpef ad aliquota marginale.

La scelta è ora tutta politica. Il costo previsto della riforma è di circa 2 miliardi di euro e la decisione verterà anche sui tempi di entrata in vigore dell'Iri, che potrebbe avvenire nell'anno d'imposta 2015 oppure 2016. Una decisione che dipenderà anche da quanto tempo ci vorrà per riordinare i regimi fiscali.

Dell'Oste e Parente, in un altro articolo apparso sullo stesso giornale, specificano che il successo del nuovo regime al 15% ( ottimo compromesso tra il 5% attuale e la gravosa tassazione ordinaria) si misurerà non solo sul “quanto” dovranno pagare i minimi in futuro, ma soprattutto su quelle che saranno le regole volte a disciplinare entrata, permanenza ed uscita dal nuovo regime. Infatti, una delle pecche dell'attuale regime agevolato consiste nelle troppe limitazioni che esso impone, creando così un certo spaesamento tra coloro che ne vorrebbero fare richiesta. Dell'Oste e Parente scrivono: “Semplicità e chiarezza non saranno meno importanti della convenienza economica”.

 

 

 

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