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La fase due della riforma del lavoro

Francesca Barbieri, su Il Sole 24 Ore, scrive che il 7 settembre scorso sono scoccati esattamente i sei mesi del contratto a tutele crescenti (dal 7 marzo al 7 settembre) entrato in vigore con uno dei primi decreti legislativi del Jobs Act. E' complicato esprimere un giudizio al riguardo, sia perché i numeri sull'occupazione sono un po' ballerini – considerando che sì, vi è stato un aumento dei posti di lavoro stabili, ma intanto disoccupati e inattivi continuano a rimanere sempre oltre i livelli di guardia -, e sia perché, dopo il varo degli ultimi decreti pochi giorni fa, sta per scattare la “fase-2” del Jobs Act, che permetterà di attuare le norme che ridisegnano il mercato del lavoro. Infatti, i provvedimenti relativi al Jobs Act non sfuggono all'effetto “matrioska”, scrive la Barbieri, come la maggior parte delle leggi italiane e, dunque, ci sono ancora 60 decreti ministeriali da emanare per ottenere la piena operatività delle nuove regole. Evitare questi rallentamenti e tortuosità è proprio uno degli obiettivi della riforma Madia, in vigore dal 28 agosto scorso, che vorrebbe snellire le procedure burocratico-amministrative, almeno sul versante tempi. Ed, infatti, la norma sul silenzio-assenso tra amministrazioni riguarda anche il cosiddetto concerto sui decreti interministeriali, ai quali la riforma si applicherà, con tempi certi ed uguali per tutti.

Con la riforma Madia, se un'amministrazione invierà una richiesta di parere ad un altro ente pubblico, questo avrà 30 giorni di tempo per rispondere da quando la richiesta viene ricevuta; superata questa scadenza (che potrà essere interrotta una sola volta e per un massimo di altri 30 giorni), il silenzio verrà interpretato come un assenso, un nulla osta.

Intanto, osservando i primi quattro decreti legislativi già in vigore, ossia tutele crescenti, Naspi, congedi e codice dei contratti, si nota come all'elenco manchino ancora 15 provvedimenti attuativi, ai quali si devono sommare gli oltre 40 previsti dai 4 ultimi decreti. C'è un solo decreto diventato operativo il giorno successivo alla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ed è il Dlgs 23/15, che ha introdotto il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti.

E' uno schema che gode di consistenti bonus economici nel 2015 (esonero contributivo triennale fino a 8.600 euro per lavoratore) e, nelle imprese con oltre 15 addetti, limita la reintegra nei casi di licenziamento illegittimo e include risarcimenti economici calcolati in base all'anzianità di servizio.

Al “gemello” sui nuovi ammortizzatori in caso di perdita del lavoro (che è in vigore sempre dal 7 marzo) mancano ancora due provvedimenti. Il primo di questi riguarda la Naspi, cioè la nuova assicurazione sociale per l'impiego che prevede che il pagamento del sussidio venga strettamente collegato alla regolare partecipazione a iniziative di attivazione lavorativa, nonché ai percorsi di riqualificazione proposti dai servizi per l'impiego. Attualmente, però, questo non sta accadendo perché spetta ad un decreto del Lavoro, da promulgare entro 90 giorni di concerto con la Conferenza Stato-Regioni, redigere il vademecum che attui la norma. Del decreto non vi è ancora traccia, nonostante il termine (non perentorio) sia scaduto a giugno. Il secondo elemento ancora mancante riguarda l'Asdi, ossia l'indennità per i lavoratori in condizioni di particolare disagio economico: anche qui si è in attesa di un decreto da parte del ministero del Lavoro, sempre in coordinamento con la Conferenza Stato-Regioni, da stilare ed emanare entro 90 giorni, anche in questo caso.

Barbieri fa notare come, per poter applicare in pieno i due decreti legislativi in vigore ormai dal 25 giugno (80 e 81) siano necessari un provvedimento attuativo per quello sulla conciliazione vita-lavoro (condizioni per l'indennità alle lavoratrici iscritte alla gestione separata per il congedo in caso di adozione) e ben 12 per il Codice dei contratti. Tra quelli più rilevanti e importanti, vanno segnalati la definizione degli standard formativi dell'apprendistato, le deroghe al divieto di utilizzo negli appalti del lavoro accessorio e la messa a fuoco delle attività stagionali che restano escluse dal cosiddetto “stop&go”, che altro non sono se non le pause obbligatorie tra un contratto a termine e l'altro. In tutti questi casi gli istituti sono comunque resi operativi dai vecchi Dm.

L'effetto matrioska, di cui parla Barbieri, aumenta però esponenzialmente nei 4 decreti appena varati. Il motivo è presto detto. Per cominciare, quello sulle semplificazioni affida ad uno o più decreti del ministero del Lavoro la determinazione delle linee guida in materia di collocamento dei disabili e ad un decreto interministeriale Lavoro/Mef, le modalità di versamento dei contributi per i datori di lavoro con particolari requisiti che li esonerano dall'assunzione dei disabili.

Inoltre, sono in programma almeno altri 13 provvedimenti attuativi, sulla base dei testi circolati dopo il Consiglio dei ministri dello scorso 4 settembre. Invece, per il decreto legislativo che riordina la Cig, saranno necessari una dozzina di testi attuativi, a partire dal decreto del ministero del Lavoro per definire i criteri di esame delle domande di concessione della cassa ordinaria, e quelli relativi ai fondi di solidarietà.

Per quanto riguarda il Dlgs sulle ispezioni, mancano all'appello almeno 7 tasselli, come quello del Presidente della Repubblica che adotta lo statuto dell'ispettorato unico.

Infine, per poter rendere operativo il Dlgs sulle politiche attive occorreranno altri 15 tasselli, tra i quali spiccano: il decreto del ministero del Lavoro, di concerto con la Conferenza Stato-Regioni, per stilare le linee d'indirizzo dell'Anpal; la nuova agenzia nazionale per le politiche attive; quelli per nominare il presidente, il Cda il consiglio di vigilanza, il collegio dei revisori del nuovo ente, e via elencando.

Dunque, dopo il sì del governo, per il completamento della riforma non si attende altro che il ministero del Lavoro che dovrà occuparsi, si spera nel più breve tempo possibile, della scrittura delle misure attuative - almeno una sessantina – senza le quali non potrà scattare la fase-2 del Jobs Act.

 

 

 

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