Una costellazione di imprese artigiane

Notizie Live

News

Il sostegno dei servizi di Unicredit per l’export italiano

Sul fronte internazionale ed europeo, ci sono una serie di novità che potrebbero interessare le Pmi desiderose di allargare il proprio mercato di riferimento. A tal proposito Maurizio Crema, su Il Gazzettino, racconta dell'iniziativa di Unicredit che ha deciso di aprire le sue porte alle piccole e medie imprese con un nuovo centro servizi internazionale. Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, ha chiaramente affermato: “ Non è più il momento di delocalizzare, la sfida è internazionalizzare. La Bulgaria da questo punto di vista è un Paese ideale per vicinanza, servizi logistici e manodopera qualificata”. Ghizzoni spiega infatti che, a Sofia, il suo istituto di credito ha aperto un centro di servizi internazionale molto innovativo, un vero e proprio hub per le Pmi in Bulgaria, pronto ad accogliere tutti i potenziali investitori. In Bulgaria, Unicredit vanta già 580 imprese clienti italiane e all'incirca duemila straniere e, con questa nuova sede, si punta al raddoppio. Sono moltissime le imprese italiane, soprattutto del Nordest, attive nel Paese, come la Rigoni di Asiago o la multiutility del gas Hera, la Duvetica di Mogliano Veneto ( piumini) o l'Italcementi che ha inaugurato un nuovo impianto bulgaro proprio poco tempo fa, con un investimento pari a 160 milioni.

L'amministratore di Unicredit ( la più internazionale delle nostre banche, con 16 controllate e operatività estesa a 50 Paesi) sostiene che ormai la delocalizzazione vera e propria sta perdendo attrattiva, ed anche la Cina, senza un buon mercato di riferimento, risulta un investimento non conveniente per le aziende. Anzi, sono le imprese asiatiche a puntare sul mercato bulgaro, il quale si presenta ricco di opportunità. Questo Unicredit lo sa bene dato che vi è arrivata nel 2002 comprando la Bulbank, un istituto di credito con 208 agenzie nell'area, quasi un milione di clienti per più di quattromila addetti ed un utile netto poco sotto i 100 milioni nel 2013, che rappresenta un terzo del mercato bulgaro.

Racconta Raimondo Flacconio, architetto di Gorizia giunto in Bulgaria sin dal 1993 e membro di Confindustria Bulgaria - 350 associati, su un migliaio di aziende italiane operanti nell'area – che senza Bulbank metà dei loro iscritti non ci sarebbero affatto. La presenza italiana in queste zone è probabilmente destinata ad aumentare: la Bulgaria diventa area strategica con la crisi che divampa in Ucraina e risulta essere molto più conveniente anche della Romania.

Il costo del lavoro bulgaro è pari a 430 euro lordi al mese, con una tassazione al 10% e bollette elettriche che si presentano tra le più basse in Europa, anche se potrebbero non mancare i problemi nell'allacciamento alla rete elettrica. Secondo Michele Amedei, giovane top manager italiano in Bulbank, la Bulgaria è un mercato allettante per i bassi costi di trasporti, tassazione e logistica ed i settori più interessanti per lo sviluppo delle Pmi italiane ad Est sono senz'altro il tessile, le costruzioni, le energie rinnovabili, gli alimentari e l'automotive.

Intanto, Ghizzoni afferma che Unicredit ha passato bene gli stress test della Bce ma si spera nella ripresa italiana, che stenta ad arrivare, e che potrebbe creare problemi al gruppo bancario per i prossimi esami previsti tra un anno.

Ma, come ben si sa, è solo con un sistema-Paese solido che le aziende italiane avranno la possibilità di crescere all'estero, o di sperare nell'arrivo dei fondi europei, che diano loro forte input alla crescita. Alessandro Arona, su Il Sole 24 Ore, scrive che il Governo italiano è consapevole dell'importanza di questo aspetto e sta attivamente lavorando ad una lista di progetti da inviare entro metà novembre alla task force europea costituita da Commissione e Bei (Banca europea per gli investimenti), tutto ciò in previsione del piano Juncker che andrà elaborato entro il 18 dicembre prossimo. Il governo si sta orientando su diverse direttrici, quali: banda ultralarga, infrastrutture di trasporto, finanziamenti alle Pmi, efficienza energetica negli edifici pubblici, opere ambientali.

Ad annunciarlo è stato il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, a margine di un convegno Bei a Napoli: “ Presenteremo alla task force europea oltre mille progetti per un valore superiore a 10 miliardi di euro”. Uno degli obiettivi più cruciali del governo è quello di ottenere dalla Bei prestiti al Tesoro ( per progetti mirati) a tassi pari a quelli dei bund tedeschi, risparmiando così denaro rispetto alle emissioni di titoli pubblici. Questa opzione è ammessa dallo statuto Bei, ed è già operativa per diversi Paesi Ue, ma non per l'Italia che non vi fa ricorso da oltre 15 anni.

Tutti i Paesi dell'Unione sono stati chiamati a consegnare la loro lista di proposte entro il 14 novembre; il progetto, in Italia, è coordinato dalla presidenza del Consiglio assieme al ministero dell'Economia, la Cassa depositi e prestiti, e la stessa Bei. Probabilmente, spiegano fonti di Palazzo Chigi, la lista sarà molto oltre i 10 miliardi.

L'iniziativa è nata da un'idea della presidenza di turno italiana all'Ecofin informale tenutosi a Milano dall'11 al 13 settembre, ed accolta poi ufficialmente dall'Ecofin di Lussemburgo del 14 ottobre scorso. Lo scopo è quello di procurare alla nuova Commissione europea una lista di progetti ritenuti fondamentali dai Paesi Ue, per capire quali siano le loro priorità, Paese per Paese, realizzabili nel prossimo triennio e sulle quali costruire il piano europeo da 300 miliardi proposto da Juncker già dallo scorso luglio. Le indicazioni date dall'ultimo consiglio Ecofin, in Lussemburgo, sono chiare: le liste nazionali dovranno essere su “settori chiave che presentino un valore aggiunto per l'Unione europea, per favorire competitività e crescita”. Nello specifico, vengono citati settori quali “ricerca e innovazione, economia digitale, infrastrutture nel settore dell'energia e dei trasporti, infrastrutture sociali e ambiente”.

Per quanto riguarda la lista italiana di priorità, si è optato per una divisione in cinque settori: 1) ricerca e sviluppo, Pmi (Mise - ministero dello Sviluppo economico); 2) infrastrutture (ministero delle Infrastrutture); 3) infrastrutture sociali (Istruzione e Mise); 4) economia digitale (Mise); 5) ambiente e territorio ( Ambiente).

Fonti della task force europea spiegano che potrà trattarsi sia di progetti privati sia di partenariato pubblico-privato, sia pubblici. Nei progetti privati, potranno esserci i finanziamenti alla ricerca e alle Pmi e gli investimenti per la banda ultra-larga in “zone bianche”, quelle fuori mercato.

Tra le opere pubbliche ritenute prioritarie dal governo italiano ci sono l'alta velocità Napoli-Bari, la messa in sicurezza delle strade e l'efficientamento energetico degli edifici. E' su questo fronte che il governo si aspetta la novità di una Bei che finanzi direttamente lo Stato italiano: la Banca europea degli investimenti, grazie alla sua tripla A, riesce ad approvvigionarsi sui mercati a tassi bassissimi, più o meno gli stessi dei bund tedeschi, ed è poi agli stessi tassi che fornisce prestiti ai suoi “clienti”. Dunque, su un pacchetto ben selezionato di progetti considerati strategici, il nostro Paese potrebbe individuare le risorse nei prestiti della Bei, invece che nelle aste di Bot e Ctz.

I soldi andranno poi ovviamente restituiti, ma con tassi d'interesse simili a quelli tedeschi.

 

 

 

Fonte:   Maurizio Crema. Il Gazzettino

 

             Alessandro Arona. Il Sole 24 Ore

 

 

Tematiche



Indietro