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Fisco, super anagrafe dei dati

Giovedì 31 marzo era la data limite entro cui banche, Poste ed altri operatori finanziari erano tenuti ad inviare al fisco le informazioni relative al 2015 riguardanti oltre un miliardo tra conti correnti, conti di deposito, carte di credito ed altre tipologie di rapporti con il cliente, dalle operazioni occasionali allo sportello sino al numero di accessi alle cassette di sicurezza. Un flusso telematico, scrivono Cristiano Dell'Oste e Giovanni Parente su Il Sole 24 Ore, che porterà nei database dell'amministrazione finanziaria oltre 500 milioni di dati sui conti correnti e i rapporti finanziari intrattenuti dai contribuenti italiani, compresi la giacenza media al saldo contabile di inizio e fine anno, le ricariche sulle carte prepagate e gli acquisiti di titoli effettuati nell'ultimo anno.

Il Sole 24 Ore ha già elaborato delle stime sul numero di informazioni trasmesse al fisco entro la data del 31 marzo. Ad esempio, per gli oltre 39 milioni di conti correnti, le banche e Poste italiane sono state tenute ad indicare cinque elementi: il saldo contabile a fine 2014, il saldo a fine 2015, il totale degli accrediti effettuati nell'anno sul conto, il totale degli addebiti e la giacenza media annua. In altri casi, invece, i dati sono meno numerosi. Così, per i prodotti finanziari emessi da imprese di assicurazione – come le polizze index linked – è stato comunicato l'importo totale degli incrementi della polizza e dei riscatti effettuati nell'anno. La stima dei dati è effettuata per difetto, perché considera solo i rapporti finanziari principali, monitorati nelle pubblicazioni statistiche di Banca d'Italia, Abi e Ania. Non sono stati considerati, tra gli altri, i rapporti fiduciari (legge 1966/1939), i contratti derivati e le operazioni di acquisto e vendita di oro, che pure sono state oggetto di comunicazione. Ad ogni modo, anche così il flusso informativo rimane imponente. Tanto imponente da aver fatto osservare, da parte di alcuni commentatori, che il fisco rischia di finire in “information overload”, ossia in sovraccarico da informazioni.

Forse questo rischio esiste ma tutto dipenderà, in realtà, dalla qualità dei dati trasmessi e dalla capacità dell'amministrazione finanziaria di incrociarli e filtrarli per effettuare un'analisi di rischio in grado di individuare i veri evasori.

Per quanto riguarda l'aspetto della qualità dei dati inviati all'Agenzia, le procedure attivate da banche, Poste, intermediari, Sgr e altri operatori finanziari tenuti all'invio, danno buone garanzie. Anche perché si tratta di aggregare elementi che tutti questi soggetti utilizzano già nella propria attività, come il controvalore dei titoli al 31 dicembre 2015 rilevato nell'estratto conto del deposito titoli. E' l'analisi dei dati, invece, l'aspetto da cui dipende l'utilizzo concreto della Super-anagrafe come strumento di contrasto all'evasione fiscale, nella convinzione che il nero prima o poi debba transitare per qualche canale “tracciato”, perché è chiaro che il contante incassato e speso come tale non potrebbe essere individuato, se non indirettamente. Ed è proprio l'analisi del rischio il punto chiave per stanare gli evasori: è la valutazione che, dal 1 gennaio 2015, l'Agenzia delle entrate svolge sulle informazioni che, appunto, periodicamente le inviano gli intermediari finanziari di cui sopra, per poter individuare elementi e circostanze che possano far presumere una possibile evasione d'imposta da parte dei contribuenti, secondo criteri definiti annualmente dalla stessa amministrazione. In particolare per individuare le posizioni a rischio, l'Agenzia analizza, a livello centrale e attraverso degli algoritmi, le informazioni sui saldi iniziali e finali di conti correnti e conti deposito titoli, nonché i valori medi di giacenza dei conti.

Ma l'utilizzo della Super-anagrafe non si ferma all'antievasione. Infatti, proprio il dato sulla giacenza media annua serve anche a scovare chi mente sull'Isee (l'indicatore di situazione economica equivalente) per ottenere agevolazioni, ad esempio su asili nido, mense scolastiche, sussidi alle famiglie e così via. Dunque, diventa possibile compiere una serie di controlli sulle prestazioni sociali e assistenziali erogate in base all'Isee, il cui meccanismo di funzionamento è stato rivisto. La nuova versione, introdotta nel 2014, dà più spazio alla componente patrimoniale, immobiliare e no, e lo strumento è diventato indubbiamente più selettivo.

Oltre a quest'ultima modifica, la legge di Stabilità 2015 ha eliminato il riferimento alle liste selettive, che era contenuto nella versione originaria della norma introdotta dal decreto salva-Italia del 2011. In un primo momento, per la verità, si pensava di raggiungere lo scopo proprio mettendo a punto, tramite apposito software, le liste selettive di soggetti i cui dati richiamassero l'attenzione per eventuali anomalie. Poi con la Stabilità 2015 si è aggiustato il tiro: si dice, più genericamente, che l'Agenzia delle entrate utilizzerà le informazioni “per le analisi del rischio evasione”. Una formulazione piuttosto ampia che, però, si connette con le attuali linee guida che l'amministrazione finanziaria sta seguendo, ovvero concentrare le verifiche sui soggetti più a rischio. Va detto che l'esistenza di questo archivio non è una novità, scrive Luca Cifoni su Il Messaggero, ma che negli ultimi anni sono state poste tutte le premesse per un suo utilizzo più incisivo, che finora appunto non c'era stato. Con il famoso decreto salva-Italia era già stato stabilito di aggiungere alla usuale comunicazione mensile all'anagrafe anche una comunicazione riassuntiva annuale (quella che ora viene appunto inviata per l'anno in corso). L'obiettivo era quello di affiancare all'utilizzo più tradizionale del database – ovvero la verifica dell'esistenza di conti e rapporti finanziari in relazione a contribuenti già oggetto di indagine fiscale – una strategia a più ampio raggio che procede, in un certo senso, al contrario e punta a sfruttate la gigantesca mole di dati disponibili per individuare sospetti evasori.

In qualche modo, si tratta di stabilire degli identikit in base a dei parametri o a delle anomalie per concentrare i controlli su chi, nei fatti, sembra essere fuori rotta con i redditi dichiarati. Si tratta, dunque, di un'attività funzionale a dare il via all'accertamento vero e proprio. Un tipo di attività completamente diversa dalle indagini finanziarie che, invece, vengono avviate con una procedura autorizzata dalla direzione regionale delle Entrate o dal Comando regionale della Guardia di finanza per supportare il controllo una volta avviato. Tra l'altro, in base agli ultimi dati disponibili, i contribuenti sottoposti a verifiche bancarie dalle Entrate sono stati 11.644 nel 2014: un valore inferiore di oltre il 21% rispetto ai 12 mesi precedenti e addirittura del 39% nel confronto con il 2012.

Restano, comunque, altri nodi da sciogliere. L'ultimo in ordine temporale è quello segnalato dal Garante della privacy che ha chiesto di definire la procedura per l'accesso ai database da parte dell'Inps.

In definitiva, si tratta di una strategia antievasione che chiama in aiuto sempre più spesso gli stessi contribuenti, visto che si tratta di acquisire una gran mole di dati, rimettendoli poi a disposizione del contribuente che dovrà personalmente verificarne la correttezza. Questa strategia, commenta Benedetto Santacroce su Il Sole 24 Ore, ha comportato l'accantonamento di alcuni strumenti di investigazione, come il redditometro. Inoltre, ha condotto alla modifica di alcuni strumenti di informazione che, da specifici mirati e preelaborati, sono divenuti sempre più ampi, con informazioni più numerose ma meno dettagliate. Si pensi allo spesometro, in cui si è passati dalla previsione di limiti ed eccezioni alla richiesta di fornitura di tutti i dati fatturati; oppure, alla cura dimagrante dei dati richiesti dai modelli Intrastat servizi: o, ancora, all'eliminazione dell'obbligo di indicazione dei costi black list. In parallelo, si è cominciato a puntare su meccanismi premiali per convincere i contribuenti ad adottare mezzi che consentano una conoscenza più tempestiva delle operazioni commerciali da loro poste in essere. Prima l'Agenzia aveva solo a disposizione i riferimenti, ma doveva chiedere i dettagli agli intermediari; ora, come si è visto, le informazioni arrivano al fisco direttamente, in modo sistematico e automatico dagli operatori creditizi. Ci si chiede quali effetti avranno tutte queste misure in termini di lotta all'evasione e quale impatto ci sarà sulla macchina fiscale e sui contribuenti.

E' inevitabile che nelle fasi di cambiamento si tenda sempre ad evidenziare i disagi creati dalle novità, che hanno comunque il difetto di essere eccessivamente invasive. Volendo guardare oltre il contingente, si può ipotizzare che, alla fine, avremo un quadro più trasparente e di sicuro un patrimonio informativo più completo e affidabile. Ma, per arrivare così lontano, il fisco e i contribuenti – oltre a collaborare tra loro quasi quotidianamente – dovranno dedicare all'obiettivo non poche risorse. Con l'incertezza, oltretutto, di raggiungere uno scopo sicuro. L'Agenzia dovrà necessariamente lavorare in modo assiduo sulla mole di dati per discernere ciò che è utile nella lotta all'evasione da ciò che rappresenta il semplice effetto di fattori esogeni al rapporto tributario. E' importante ricordare come avere tutte le informazioni bancarie di un contribuente non voglia dire, di per sé, individuare l'evasione fiscale, così come intercettare alcune transazioni patrimoniali anomale non vuol dire per forza scovare operazioni defiscalizzate.

Da parte sua, il contribuente dovrà fare molta attenzione ai dati che gli vengono messi a disposizione dal fisco, perché potrebbero essere stati determinati da un inserimento errato nel sistema o da un travisamento della realtà. Tutto questo, in molti casi, a scapito della privacy del singolo, come appunta lamenta il Garante.



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