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Confronto in Europa sulla legge italiana di stabilità

Giulio Sapelli, su Il Messaggero, ci informa di un episodio alquanto emblematico, e molto fortunato, accaduto a Bruxelles e che riguarda il nostro Paese. Pare che l'ex presidente della Commissione Ue, Manuel Barroso, fosse pronto ad inviare una lettera di dura reprimenda all'Italia riguardo alla manovra finanziaria in corso.

Sapelli definisce la manovra finanziaria varata dal governo Renzi “profondamente innovativa”, come non accadeva da anni, perchè, pur riuscendo a rispettare il limite del 3% del rapporto deficit/Pil, mette sul piatto ben 13 miliardi a debito per gli interventi strutturali, cercando così di far uscire il Paese dalla morsa recessiva ed allontanando lo spettro della deflazione.

Se Barroso fosse riuscito ad inviare la sua missiva, in cui bocciava su tutta la linea la strategia economica del governo Renzi, il nostro Paese ne sarebbe uscito delegittimato e, a quel punto, si sarebbe rischiato l'effetto domino sul resto d'Europa, con possibili crolli a catena e grossi rischi anche per la stabilità dell'euro.

Ma ecco che, inaspettatamente, il falco rigorista finlandese Jyrki Katainen, nuovo vicepresidente della Commissione, è intervenuto in nostro sostegno bloccando la lettera di Barroso e trasformandola in una semplice richiesta di chiarimenti su alcuni aspetti della manovra. Sapelli immagina che, dietro l'azione di Katainen, vi sia l'appoggio occulto di Angela Merkel: la cancelliera sembra meno granitica e decisa, rispetto al passato, sulla linea rigorista da mantenere a tutti i costi, e pare che le sue posizioni si siano leggermente ammorbidite rispetto a quelle, sempre molto severe, del suo ministro delle Finanze. La lettera di reprimenda di Barroso, scritta forse per accaparrarsi simpatie e appoggi in Portogallo – suo Paese d'origine, dove pare abbia mire presidenziali – avrebbe creato un'ondata di instabilità in tutta Europa perchè, dopo il nostro Paese, sarebbe probabilmente toccato alla Francia essere richiamata all'ordine, e in modo anche più duro, viste le condizioni in cui versa.

Non è azzardato dire che il blocco della missiva salva anche la Germania, la quale comincia ad avvertire un rallentamento della sua economia dovuto alla bassa produttività; di conseguenza, per Berlino è diventato più difficile assicurare elevati livelli occupazionali, con una domanda interna più debole rispetto al passato, che neanche le massicce esportazioni riescono più a bilanciare.

Sapelli definisce l'episodio cruciale perchè viene così salvata, in qualche modo, la stabilità dell'Eurozona ma lo ritiene anche rappresentativo di una nuova mentalità diffusa a Bruxelles, finalmente aggrappata al principio di realtà: forse, i tecnici della Commissione, si stanno saggiamente rendendo conto che teorie errate possono uccidere.

Dunque, bene ha fatto Renzi a difendere con tenacia le sue scelte di politica economica e bene ha fatto anche Katainen a rendere pubblica la sua lettera. Invece, le critiche di Barroso riguardo ad una presunta segretezza in cui si sarebbe dovuto mantenere l'episodio, non solo sono ormai antistoriche, da classica élite burocratica, ma simboleggiano anche un atteggiamento antidemocratico.

Di buone notizie come questa ce n'è un assoluto bisogno dato che, per il resto, lo scenario non induce affatto all'ottimismo, soprattutto per quanto riguarda l'Italia, poco amata dai mercati internazionali.

Per capirlo, basta guardare quello che è accaduto ai nostri titoli di Stato subito dopo i risultati degli stress test voluti dalla Bce, proprio nei giorni in cui viene ufficializzata la nascita dell'Unione bancaria, con il passaggio della vigilanza alla Banca centrale europea. Federico Fubini, su La Repubblica, scrive che l'Unione bancaria “fu lanciata all'apice del panico nel 2012 con un'intenzione esplicita: separare la sorte degli istituti di credito da quella degli Stati nei quali essi risiedono”. L'obiettivo era quello di creare una rete di sicurezza per evitare che i problemi dei governi si trasmettessero agli istituti di credito. Se questo era lo scopo, fino ad ora non è stato raggiunto. Fubini fa notare come i Paesi le cui banche hanno passato meglio di quanto previsto i test della Bce, al momento godono di un calo degli interessi sul debito sovrano.

Questo non è esattamente logico, continua Fubini, se si guarda all'ammontare ridotto, appena due miliardi, del capitale che ora le banche italiane sono tenute a trovare. Nonostante ciò, a poche ore dagli annunci della Bce sui test agli istituti, i Btp a dieci anni rendevano già 2,3 punti-base in più a 2,441%. Al contrario, i titoli di Stato spagnoli scambiavano con rendimenti più bassi di 3,7 punti-base così come quelli di Parigi, a 1,9 punti-base. Al momento gli investitori internazionali sono piuttosto nervosi a causa dei timori legati ai rischi di una nuova recessione e non guardano con razionalità alle procedure di vigilanza europea sui conti pubblici; spinti dalla paura di una nuova instabilità del sistema finanziario europeo, danno un prezzo ai loro timori e credono che sarà proprio il governo italiano a pagare le conseguenze della fragilità del quadro economico-finanziario.

I rendimenti dei titoli di Stato non rispecchiano la condizione del nostro Paese, che non sta peggio di Francia o Spagna, anzi: la nostra legge di Stabilità non è stata respinta da Bruxelles, il deficit pubblico si mantiene al di sotto del 3% del Pil ed il governo Renzi non è stato sottoposto ad alcuna procedura del Fiscal Compact europeo.

Lo stesso non si può dire di Madrid e Parigi, che hanno un deficit ben al di sopra del 3% e che si ritrovano sotto procedura della Commissione. Certo, il debito pubblico italiano è elevatissimo ma anche quello spagnolo e francese avanzano verso il 100% del Pil, crescendo entrambi ad un ritmo più elevato del nostro. Dunque, per quanto i problemi del nostro Paese siano numerosi, in questi ultimi tempi siamo riusciti mantenere una buona rotta, eppure questo non è bastato. Una volta diffuse le notizie sulle banche, è contro l'Italia che i mercati hanno sfogato le loro paure.

Ormai, i titoli decennali spagnoli rendono quasi 40 punti-base (0,4%) in meno di quelli italiani: questo implica che per il sistema-Paese Spagna, dalle imprese, allo Stato, alle banche, finanziarsi costa molto di meno. E' ormai da più di un mese che il divario tra i due Paesi continua ad allargarsi, a favore di Madrid. L'anno prossimo la Spagna affronterà un'importante stagione elettorale e, forse, la presenza di un partito anti-sistema come Podemos, potrà creare la stessa instabilità politica dei 5 Stelle in Italia nel 2013, riverberandosi sull'andamento dei suoi titoli di Stato.

Quello che è chiaro, come risulta anche dall'episodio riportato da Giulio Sapelli, è che l'Italia non è più in cima alle preoccupazioni del governo di Berlino, ed è ormai la Francia ad impensierire la Germania e l'Europa. La volontà francese di non voler rispettare i vincoli di bilancio porterà forse alla decisione di applicare delle sanzioni, anche se sarà molto complicato decidere come e quali.

Sono invece i mercati internazionali e le Borse, non il governo tedesco, ad essere in ansia per le nuove minacce di recessione del nostro Paese, per il nostro debito pubblico che non accenna a fermarsi e per gli interrogativi sul sistema bancario.

Dunque, il governo Renzi ha tutto l'interesse a cominciare il 2015 con le misure più adatte a contrastare i contraccolpi dovuti alle scelte degli investitori internazionali.

 

 

 

 

Fonte:   Giulio Sapelli. Il Messaggero

 

             Federico Fubini. La Repubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

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