Una costellazione di imprese artigiane

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Alcune considerazioni sui risultati degli stress test dalla Bce sulle banche italiane

I risultati finali degli stress test condotti dalla Bce sugli istituti di credito italiani hanno generato non poche preoccupazioni tra le imprese del nostro tessuto produttivo. Con due banche bocciate, e ben sette rimandate, lo scenario non si profila particolarmente positivo e rischia addirittura di peggiorare, come scrive Isidoro Trovato su Il Corriere della Sera.

Delle 25 “bocciature” emerse e certificate dalla Banca Centrale europea, nove riguardano istituti di credito italiani: il risultato è un punteggio estremamente negativo assegnato al nostro Paese che, per svariati motivi, si ritrova così ad essere fanalino di coda in Europa, considerando che nessun altro Paese Ue ha subìto così tante “bocciature”.

Trovato, nel suo articolo, sottolinea che sette banche si sono già ricapitalizzate proprio in questi ultimi mesi mentre le due bocciate in toto, Mps e Carige, saranno costrette a farlo nei mesi che verranno.

Quel che è certo, afferma Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre, è che a subire le conseguenze più pesanti di questa situazione non facile sono state, e saranno, soprattutto le imprese.

Bortolussi spiega che, per un fenomeno già osservato negli ultimi anni, l'aumento della patrimonializzazione delle banche porta con sé una pesante riduzione degli affidamenti, che va a  danneggiare principalmente le piccole e piccolissime imprese, le quali soffrono da sempre di una carenza di liquidità, risultando così spesso sottocapitalizzate.

La conseguenza di tutto ciò è che molte aziende rischiano scivolare “verso la rete tesa dagli usurai”, un problema, quest'ultimo, segnalato varie volte dalle associazioni di categoria, che hanno la netta sensazione che il credit crunch, con la sua gelata creditizia, abbia spinto molti piccoli imprenditori a non trovare altra soluzione se non quella di ricorrere a strumenti illegali di finanziamento. Con il drammatico risultato di aver portato moltissime aziende nelle mani della criminalità organizzata.

Negli ultimi anni non è aumentato il numero delle denunce effettuate alle Forze di polizia e all'Autorità giudiziaria, numero rimasto sostanzialmente stabile; eppure, nonostante ciò, i rappresentanti delle associazioni di categoria, che lavorano a stretto contatto con gli imprenditori, hanno la chiara percezione di un fenomeno, quello del ricorso all'usura, in forte espansione. Il timore è che esso possa “esplodere” in seguito ad un'ulteriore, e nemmeno tanto improbabile, giro di vite del credito bancario. Ciò che è accaduto in questi anni non fa sperare per il meglio, avendo già assistito ad un duplice peggioramento dello scenario, dovuto in primo luogo al credit crunch e, in seguito, alla successiva impennata delle sofferenze delle piccole e medie imprese.

Isidoro Trovato spiega che i numeri sono lì a dimostrarlo: i livelli di insolvenza più elevati si sono registrati nel Nordovest (più 89,2%), seguito dal Centro ( +88%), dal Nordest ( +82,8%) ed, infine, dal Mezzogiorno ( +72,6%).

Dal 2011 al 2014, le dichiarazioni di insolvenza sono cresciute di 63,1 miliardi di euro ( +83,6%) e, solo nell'agosto di quest'anno, le sofferenze delle aziende ammontavano alla pesantissima cifra di 138,6 miliardi di euro. In base a dati forniti dalla Cgia, dall'agosto del 2011 all'agosto di quest'anno, i prestiti degli istituti di credito alle aziende italiane sono diminuiti di 89 miliardi di euro ( -8,9%).

Numeri davvero impressionanti, che fanno dire a Bortolussi che, nella storia recente del nostro Paese, mai si era assistito ad una contrazione del credito alle imprese così grave.

“Purtroppo, molte imprese sfiancate dalla crisi, e sempre più in difficoltà, non sono riuscite a restituire i prestiti bancari ricevuti e ciò ha bloccato il mercato del credito”, specifica Bortolussi, affermando che si tratta di un problema che il governo dovrebbe immediatamente affrontare, magari aprendo un tavolo di confronto e trattativa tra l'Associazione bancaria ed i vari rappresentanti delle categorie produttive. Sempre nel periodo che va dall'agosto del 2011 allo stesso mese di quest'anno, nello specifico, la stretta creditizia si è fatta particolarmente sentire nel Nordovest, che ha registrato un -10,6% e nel Centro, con un -10%; leggermente meno drammatica la gelata del credito nel Nordest, con un -8,3%, e nel Mezzogiorno, che ha registrato -6,5%.

I numeri vanno però interpretati, poiché hanno risvolti più complessi di quel che possono sembrare: nel Sud la chiusura dei rubinetti del credito si è fatta senire meno perchè, purtroppo, in quell'area le imprese arrancano, arretrano, in tante chiudono e in molte dichiarano fallimento.

In uno scenario di questo tipo, per un imprenditore diventa davvero molto difficile riuscire a programmare, investire sullo sviluppo e, dunque, arrivare a chiedere dei finanziamenti alle banche.

Quello che accade, spiega Trovato, è che gli imprenditori meridionali decidono sin dall'inizio di rinunciare ad entrare in una banca perchè consapevoli che, vista la loro situazione, la richiesta di credito sarà sicuramente respinta.

Un segnale, questo, decisamente preoccupante perchè indica un livello di sfiducia oramai generalizzato tra le imprese, in un mondo produttivo che si spacca in due, tra chi riesce a salvarsi e chi, invece ( questi ultimi molto più numerosi), non riesce a farcela.

A questo proposito, come soluzione che dia un po' di respiro ad imprese ormai in grave affanno, la Confartigianato ha diffuso un comunicato stampa nel quale il suo presidente, Giorgio Merletti, esorta il governo a pagare i debiti che la Pubblica Amministrazione ha contratto nei confronti delle aziende.

Giorgio Merletti, a nome dell'associazione che presiede, prende atto dei “miglioramenti nella soluzione del problema del pagamento dei debiti pregressi della PA. Gli strumenti messi in campo dai Governi Letta e Renzi hanno ridotto lo stock di crediti insoluti”, ma, afferma Merletti, “ora l'azzeramento di quanto dovuto alle imprese deve restare nell'agenda delle priorità dell'Esecutivo”.

Dunque, solo una volta risolto definitivamente il problema dei debiti accumulati dalla PA in tutti questi anni, e per evitare che il fenomeno si ripeta identico in futuro, si dovrebbe “finalmente adottare la compensazione diretta e universale tra i debiti e i crediti verso la PA”, aggiunge Merletti, spiegando che la compensazione, tra l'altro prevista tra i criteri della legge delega di riforma fiscale, è il sistema più lineare per restituire risorse e “serenità agli imprenditori”.

Questa linea è stata da sempre sostenuta da Confartigianato, che spinge lo Stato ad assumere la doppia veste che esso rappresenta: esattore e pagatore, facendo in modo che agli imprenditori venga concessa la compensazione tra i crediti che vantano nei confronti della pubblica amministrazione con le imposte ed i contributi da pagare al Fisco.

La somma si aggira intorno ai 26 miliardi, più o meno a quanto ammontano i versamenti allo Stato “effettuati in un anno dalle imprese fornitrici di beni e servizi alla PA”.

Questa iniziativa permetterebbe di allentara la morsa che grava sugli imprenditori, rappresentando quasi una iniezione di liquidità, che “aprirebbe finalmente la stagione di rapporti di fiducia tra Stato, Regioni, Enti locali e imprese”, conclude Merletti.

 

 

 

 

Fonte :   Isidoro Trovato. Il Corriere della Sera

 

              Comunicato-stampa Confartigianato



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