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Accordo commerciale USA – UE

Esattamente tre anni fa, il 12 febbraio 2013, il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, rese nota la sua volontà di voler imbastire una serie di negoziati con i Paesi dell'Unione Europea per la definizione di un trattato sul libero scambio (Ttip) allo scopo di creare un'area transatlantica senza più barriere. A distanza di tre anni, scrive su La Stampa Andrea Montanino, direttore Global Business and Economics dell'Atlantic Council, si è aperto a Bruxelles il dodicesimo round di incontri tra le delegazioni europee e americane: un accordo, quello che si sta faticosamente tentando di raggiungere, che presenta elementi di novità che rendono la trattativa in corso particolarmente complessa.

Montanino spiega che, a differenza di altri trattati commerciali, il punto non è quello di eliminare barriere tariffarie ormai già pressoché inesistenti tra Usa ed Europa. Piuttosto, l'obiettivo del Ttip è quello di armonizzare le regole, di definire standard comuni e di creare un sistema di mutua fiducia per cui un prodotto certificato in Europa possa poi essere venduto negli States (e viceversa), senza dover subire modifiche sostanziali per adattarsi alle regole dell'altro Paese. Come si può immaginare, dunque, la posta in gioco è altissima così come le difficoltà da superare. Basti pensare che Unione Europea e Stati Uniti rappresentano, insieme, circa il 45% del commercio mondiale, addirittura i due terzi del Pil mondiale, e generano un interscambio commerciale di 5.500 miliardi di dollari, tre volte e mezzo il Pil italiano. Numeri da far tremare i polsi e che, se inquadrati in un accordo commerciale ambizioso come è il Ttip, potrebbero crescere ulteriormente, rafforzando la ripresa economica europea di lungo periodo. Infatti, l'individuazione di standard comuni stimolerebbe ancora di più gli investimenti americani in Europa, creando nuovi posti di lavoro e, soprattutto, favorirebbe le 150mila piccole e medie imprese europee che, già oggi, esportano negli Usa, aprendo il mercato americano – composto da 300 milioni di consumatori - a nuove piccole imprese. Molto spesso, infatti, proprio le barriere regolatorie e i costi per adattarsi agli standard americani rappresentano l'ostacolo più grande per le Pmi che vogliano esportare negli States ma che non possono contare su una produzione di massa, venendo così escluse dal mercato. E' evidente, quindi, come noi italiani avremmo moltissimo da guadagnare dal Ttip e, infatti, non è un caso che il nostro rappresentante a Bruxelles, l'ex vice ministro Carlo Calenda, sia tra i più strenui sostenitori dell'accordo.

Inoltre, una maggiore concorrenza con le imprese high tech americane spingerebbe le imprese europee ad innovare maggiormente, aumentando la loro competitività. E che questo sia uno dei problemi più critici per l'Europa lo dimostra il fatto che uno dei quattro punti principali dell'accordo siglato con il Regno Unito riguarda proprio la competitività.

Ma c'è anche un secondo fattore che rende il Ttip molto importante. In un mondo ormai fortemente globalizzato, con antichi attori come Cina e India di nuovo al centro del commercio mondiale, e con nuove economie emergenti impegnate a ritagliarsi un ruolo decisivo nei commerci (Indonesia, Sud Africa, Nigeria), diventa fondamentale che standard e regole vengano condivise tra Europa e Stati Uniti in modo da poter orientare le scelte degli altri Paesi. Una volta che gli standard saranno armonizzati tra le due economie, molto difficilmente potrebbero farsi spazio prodotti con caratteristiche diverse: in questo modo, sarebbero Europa e Stati Uniti a decidere quali standard e regole dovrebbero essere fissate e rispettate, e non la Cina.

Vi è, infine, un elemento più di tipo strategico che non prettamente commerciale ad interessare in particolar modo gli americani. In un'era di insicurezza, dove il terrorismo è una minaccia purtroppo reale e quotidiana, che attenta i valori e il modo di vivere degli europei così come degli americani, un rafforzamento del legame tra le due aree economiche significherebbe creare un blocco più unito ed omogeneo nelle grandi decisioni che riguardano la geopolitica.

Gli americani non possono muoversi da soli, hanno un forte bisogno degli europei per poter gestire le grandi crisi di questi ultimi anni, come la Siria e l'Ucraina, e devono poter contare sull'Europa per coordinare e guidare la governance economica mondiale. Non è affatto una coincidenza che il Segretario di Stato americano, John Kerry, consideri l'accordo commerciale Usa-Ue un elemento fondamentale ai fini della stessa sicurezza nazionale statunitense.

Dunque, il Ttip si presenta come un accordo molto importante dal punto di vista commerciale, economico e strategico. Ma questo non significa che sarà anche un accordo semplice da chiudere, proprio perché è un trattato particolarmente innovativo nei contenuti, occupandosi di regolamentare non le tariffe bensì le regole (rendendo più difficile mettere tutti d'accordo). Non solo. Da qui al 2018 vi sarà un susseguirsi di importanti elezioni politiche e dunque non vi saranno molte finestre temporali per concludere l'accordo senza che diventi oggetto di infuocate polemiche da campagna elettorale. Dal lato degli Stati Uniti, appare ormai difficile che il presidente Obama spenda ulteriore capitale politico e forzi la mano per un accordo finale durante il suo ultimo mandato, in quanto già molto impegnato con il Congresso per portare a casa la ratifica di quello appena siglato con gli 11 Stati che si affacciano sul Pacifico (il Tpp, uno dei successi dell'amministrazione Obama).

Questo significa che sarà necessario attendere la conclusione delle Presidenziali del novembre 2016, l'insediamento del nuovo presidente nel gennaio 2017 e la formazione della nuova squadra di negoziatori. Solo allora gli Stati Uniti saranno nuovamente in grado di poter firmare la chiusura del trattato. Ma, nell'aprile 2017, ci saranno le elezioni francesi, ed è davvero improbabile che i candidati all'Eliseo vogliano affrontare un'opinione pubblica che in Francia, molto spesso per motivi ideologici, si oppone strenuamente all'ampliamento del commercio internazionale. Nell'autunno 2017, poi, ci saranno le elezioni in un altro Paese-chiave, la Germania, dove appena qualche mese fa ha avuto luogo un'imponente manifestazione contro il Ttip. Dopodiché, nel 2018, ci saranno le elezioni di mid-term negli Stati Uniti....

Tutto questo per dire che ci sono pochissime finestre disponibili, ma in una fase in cui non è ancora chiaro se l'Europa andrà a due velocità, per cerchi concentrici o verso una nuova, drammatica spaccatura. Un accordo così rilevante, e che offre alle imprese nuovi margini di profitto, se approvato darebbe invece un chiaro segnale della capacità e della volontà di non buttare all'aria quanto costruito tenacemente negli ultimi 60 anni.

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